La Germania non sarà famosa per la moda e per lo stile, ma Berlino ha il suo fascino irresistibile. Merito della varietà e dello spirito avanguardistico. Ecco perché ci piace e siamo andati a farci un giro.
La Germania non è famosa per la moda: nel sentire comune c’è lo stereotipo che vuole i tedeschi privi di stile, incapaci nel vestire, e che le capitali del fashion che dettano le tendenze globali siano altre (Milano, Londra, Parigi, New York…). Eppure Berlino ha a suo modo un fascino irresistibile anche per la moda, per questo non poteva mancare fra le mete dei nostri viaggi.
Nonostante la fashion week di Berlino non abbia ancora prestigio e non catturi l’interesse che suscitano le passerelle più note, fino a meno di un secolo fa quella della moda (di lusso) era una industria fiorente in Germania. Poi purtroppo la guerra la spazzò via e la costruzione del muro di Berlino la mortificò, soprattutto nella DDR, isolata dal resto d’Europa. Eppure proprio l’omologazione imposta dal governo generò per contrasto una ribellione, una spinta creativa per esprimere il dissenso e la propria individualità, che si manifestava anche nella moda street. Ecco come gli anni Ottanta furono un fiorire di look alternativi e dark, trucco marcato e capelli colorati. Ecco quello che ci piace di Berlino, lo spirito di ribellione e le avanguardie.
Si dovettero aspettare gli anni Novanta – complice la caduta del muro di Berlino, il 30 novembre 1989 – per la riscoperta dell’industria tedesca della moda e per la diffusione nel resto dell’Europa dello stile berlinese.
«In fin dei conti, è la varietà di persone e immagini che rende attraente un posto come Berlino» ha detto Christiane Arp, direttrice di Vogue Germany e presidente della Camera della Moda tedesca, e dunque la città sta diventando un punto di riferimento per i designer emergenti, attratti dallo spirito avanguardista che a Berlino non manca, come dimostrano la musica e l’arte contemporanea.
«In fin dei conti, è la varietà di persone e immagini che rende attraente un posto come Berlino»
Il nostro viaggio a Berlino
Come sempre accade quando siamo in viaggio, abbiamo riempito gli occhi e le valigie di idee e suggestioni nuove. Fra i posti visitati, tre si sono guadagnati un posto speciale nel nostro cuore: il Kunstgewerbemuseum, il Murkudis Store e l’atelier di Fiona Bennett.
Il Kunstgewerbemuseum è il più antico museo tedesco di arti decorative ed applicate, design e moda, che conserva una ricca collezione di oggetti d’arte dal Medioevo a oggi. Ospita, fra gli altri, vestiti e accessori disegnati da Coco Chanel, André Courrèges, Christian Dior, Paco Rabanne, Cristóbal Balenciaga, Yves Saint Laurent, Pierre Cardin, Gianni Versace e Manolo Blahnik, e una mostra permanente dedicata alla storia della moda.
Esperienza straordinaria, stimolante e rilassante al tempo stesso, è la visita al Murkudis Store, ideato da Andreas Murkudis, per 15 anni direttore del museo del Design di Berlino. Lontano dal caos e dalla frenesia della città, è un immenso spazio industriale – un tempo era una sala macchine – ricco esclusivamente di oggetti pregiati e di classe, disposti con cura ed esaltati da dettagli sorprendenti. Lo store, disegnato da Gonzales Haase, è concepito come un museo, uno spazio estetico e percettivo in cui ci si può lasciare coinvolgere e commuovere dagli oggetti in mostra.
Infine, nel quartiere di Mitte, sulla Potsdamer Strasse, in una vecchia fabbrica di sapone, c’è l’atelier di Fiona Bennett. I cappelli della designer, nata in Inghilterra ma cresciuta a Berlino ovest, sono delle vere e proprie opere d’arte. Le sue sono creazioni uniche, capricciose, sempre glamour come le persone a cui sono destinate. Non sono da meno le scatole che contengono i cappelli, sempre particolarissime, quasi da esposizione. Durante il giorno, nella boutique si può assistere alla realizzazione di questi piccoli capolavori, mentre i modisti ti spiegano ogni fase del lavoro, e a rendere ancora più interessante l’esperienza c’è il fatto che l’atelier di Fiona Bennett è il ritrovo permanente di stilisti, artisti, attori e musicisti e chiunque ami alla follia i cappelli. {Photo credits / PATRICIA CABEZA STUDIO}
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